1971-1972 Leonardo Torsello "Caduto della Meloria" (n. 2202 di Rocco De Micheli)

(Scorrere fino in fondo)

                                     PREMESSA
Il 9 novembre 1971 una formazione di aerei da trasporto C130 dell’Aeronautica Militare britannica, decollava dall'aeroporto di PISA diretta in SARDEGNA con a bordo 406 paracadutisti della FOLGORE” impegnati in una importante esercitazione.
Uno di questi aerei non giungeva alla meta: sprofondava in mare di fronte a LIVORNO, nelle secche della MELORIA. Nessun superstite: 6 aviatori britannici e 46 paracadutisti della “FOLGORE” caduti nell’adempimento del dovere. Di questi, 44 erano ragazzi di vent’anni, che avevano scelto di fare il servizio di leva nei paracadutisti.
Avevano recentemente ultimato l'addestramento di base alla Scuola Militare di Paracadutismo, conseguendo l’abilitazione al lancio e si apprestavano, ora, all'attività operativa: aviolanci seguiti da atti tattici che comportavano, fra l’altro, marce forzate, sopravvivenza, fatiche e tanta solidarietà giovanile, amicizia e senso del dovere. Invece, il loro volo è finito alla MELORIA.
Bene hanno fatto gli autori delle presenti “note” a fissare le connotazioni di quella catastrofe. Essi, oltre ad aver pianificato l’esercitazione, hanno vissuto, a fianco dei familiari dei Caduti, i mesti adempimenti successivi, dalla ricerca del relitto alla ricomposizione delle salme e alle onoranze. A distanza di decenni, essi hanno sentito il dovere di fare proprio il motto inciso dagli alpini sull'ORTIGARA:
                   “PER NON DIMENTICARE”.
Per non dimenticare quei giovani paracadutisti il cui ricordo si salda con quello dei caduti della “FOLGORE” a EL ALAMEIN e con quello dei paracadutisti caduti nella Guerra di Liberazione.
Nel cimitero dei LUPI, a LIVORNO, un monumento in onore dei caduti della MELORIA reca scolpita la frase di un grande italiano, l’allora Presidente della Repubblica Giuseppe SARAGAT: “…” compito cui essi attendevano era quello della difesa della comune libertà e indipendenza e di tutti quegli ideali nei quali crediamo. Perciò essi vivranno nella nostra memoria ”
Ferruccio BRANDI
Già Comandante della “FOLGORE”1969-1973)

                   LA COMMISIONE D’INCHIESTA
          LE POSSIBILI CAUSE DELL'INCIDENTE
Ai sette Ufficiali italiani, facenti parte della componente nazionale, si uniscono quelli della componente britannica.
Sono i seguenti quattro Ufficiali:
-Gr. Cpt. David WOOD, pilota personale di Sua Maestà la Regina Elisabetta II;
-Wg. Cdr. E. R. W. LAWSON;
-Wg. Cdr. H. V. CRAIG, del Servizio Sanitario ;
-Sq. Ldr. E. A. P. MADDEN, e un ingegnere civile, Mr. Eric NEWTON.
La presidenza della Commissione compete al Colonnello WOOD, in quanto rappresentante della nazione cui appartiene il mezzo coinvolto nell’incidente.
Quale perito nell’incidentistica aviatoria l’ingegnere NEWTON è considerato uno dei maggiori esperti del mondo; significativa la scoperta delle cause che determinarono l’esplosione in volo dei COMET I, velivoli dell’aviazione civile britannica.
Anche l’Ufficiale della Sanità risulta un profondo conoscitore della sua specifica materia. Spetta a questa commissione italo-britannica, composta da validissimi professionisti, ricercare le cause che possono aver determinato l’incidente. Sarà bene fare subito una osservazione volta a sfatare le voci
ingenerose pubblicate anche in maniera grossolana dai media cioè che l’requipaggio del C. 130 non era nelle condizioni fisiche atte al volo perché aveva ecceduto nelle libagioni.
Non è assolutamente possibile che ciò risponda a verità. Seri e preparati professionisti non si mettono ai comandi di un aereo se le loro condizioni psico-fisiche non sono perfettamente a posto.
Anche l’ esame necroscopico dei medici legali condotto sulle Salme dei tre aviatori britannici ha tassativamente escluso la presenza di sostanze alcoliche.
Questo asserto è stato poi confermato anche da un'altra immensa tragedia, che molto sfortunatamente il Destino ha voluto si compisse: il 3 marzo 1977, alle ore 14 circa, un C. 130 H dell’Aeronautica Militare italiana, dopo pochi minuti dal decollo dall5aeroporto di PISA, è andato a schiantarsi contro i Monti Pisani, nel comune di CALCI con 5 membri di equipaggio - 3 Ufficiali e 2 Sottufficiali – e con 36 passeggeri -1 ufficiale della Marina Militare e 35 Cadetti della 1A Classe dell’Accademia Militare.
Ai comandi del velivolo il Maggiore Pilota Massimo PROTTI, con il quale i paracadutisti della FOLGORE hanno svolto numerose missioni, specie di aviolancio di materiale. La Commissione d'inchiesta emise un verdetto chiarissimo: errore umano.
Quando si verifica un incidente vi sono sempre una serie di concause che danno luogo alla cosiddetta “catena degli eventi”. Basterebbe che una sola delle maglie non si verificasse per scongiurare l’evento negativo.
La Commissione d'inchiesta sull’incidente del velivolo britannico ha lavorato instancabilmente.
I sub britannici, appoggiati dalla nave LAYBURN, hanno ricercato ostinatamente tutti i “pezzi”anche i più minuti, del velivolo che è stato ”ricostruito’’, nel capannone dell’aeroporto di PISA. Anche tutti gli strumenti sono stati recuperati, elementi indispensabili per “capire”.
Inutile addentrarci in un esame più approfondito. Ci limitiamo alla lapidaria conclusione dell’operato della commissione: “il velivolo al momento dell’impatto con la superficie del mare volava regolarmente”.
Come dire: errore umano. Ma il perché lo potrebbero raccontare solo il Capitano HARRISON ed il Tenente SWAN - PRICE, che erano ai comandi dell’aereo. Il Colonnello WOOD, con un C. 130 del 38° Gruppo ha effettuato una serie di voli sul mare, cercando, presumibilmente, di capire questo perché. Nessun segnale di emergenza, l’aereo che “vola regolarmente al momento dell’impatto”.
Quindi una serie di concause che danno l’avvio a quella “catena”al crash finale.
Si possono fare solo alcune ipotesi, ma resteranno comunque tali per sempre.
Dopo la virata su MARINA di PISA per puntare sulla GORGONA, il gesso 4 inizia la discesa per portarsi da 2000 a 500 piedi, come da ordine d’ operazione.
Forse perché tratti in inganno — è uno degli elementi che si è ipotizzato — dalla luce rossa intermittente del faro della MELORIA, che ha una frequenza di lampeggio molto simile a quella della anticollision , la luce rossa lampeggiante posta sulla parte superiore del timone di coda dell’aereo.
Scambiando la luce del faro con quella del gesso 3 che lo precede di 15” anziché livellare a 500 piedi, ignorando gli altimetri, il gesso 4 continua a scendere.
Passare da poco più di 100 metri al livello del mare, è questione di secondi.
Oppure gli altimetri non erano "tarati” giustamente, ma questo non sembra essere emerso dagli esami della Commissione.
Il “Trim” dispositivo che consente di mantenere il velivolo in assetto di volo livellato senza intervenire sui comandi - non era correttamente posizionato? Anche questa può essere un’ ipotesi.
Distrazione? Nel volo notturno SUL MARE si manifestano alcuni particolari fenomeni ottici che possono i ingannare, ma non piloti esperti e questi lo sono di certo. Bisogna fidare solo sugli strumenti.
Possiamo solo rilevare che quella serie di C.130 britannici non era dotata del radar - altimetro.
Quindi, ogni ipotesi non potrà trovare conferma alcuna.
Il pilota del gesso 4, e anche il suo secondo, molto probabilmente si sono accorti all’ improvviso della bassissima quota cui si trovavano.
È possibile che, istintivamente, abbiano richiamato il velivolo facendogli assumere un assetto a cabrare, con dei parametri di volo non adeguati alla manovra imposta.
Ciò ha determinato un primo violento impatto della coda dell’ aereo con la superficie del mare ed una forte inclinazione a sinistra dell’ asse trasversale del velivolo con conseguente immersione della semiala sinistra che, facendo perno nell'acqua, ha costretto il velivolo ad una rotazione di circa 180°. Per inerzia, il velivolo ha ancora avanzato “a marcia indietro” lungo la direzione di movimento perdendo la semiala destra con i motori.
Questa, verosimilmente, la dinamica dell'incidente e la spiegazione del perché, sul fondale, il velivolo aveva la prua orientata verso la terraferma.
Dall’esame necroscopico dei corpi è risultato che, per tutti, il decesso è stato istantaneo.
In particolare, i paracadutisti, i quali indossavano l’elmetto al momento dell’impatto, presentavano tutti la frattura delle vertebre cervicali.
Si conclude così la nostra ricostruzione di quegli eventi. Forse incompleta, forse imprecisa, come del resto tutte le attività umane.
Non abbiamo purtroppo saputo darvi una conclusione provata del nostro racconto....quella l’hanno portata con Loro i ragazzi della MELORIA .. in quell'angolo di cielo dove vivono in eterno Santi, Martiri ed Eroi.
(da una pubblicazione del Comitato Caduti dellaMeloria)